lunedì, dicembre 07, 2009
mercoledì, dicembre 02, 2009
nformazioni e prenotazioni: CAI - Giardini Aldo Moro Valenza
Tel. 0131 945633 cell. 340 9882624
martedì e venerdì 21.00 - 23.00
e-mail cai@valenza.it
e-mail caivalenza@libero.it
Iscrizioni entro le ore 22.30 del giovedì precedente l'escursione presso la sede del CAI.

Nelle dimensioni attuali, risale al 1300. Il celebre cartografo Matteo Vinzoni ci fa sapere che poco dopo la metà del ‘700 era divisa a tre navate. In questo periodo fu coperta con la volta attuale; e si racconta che i mattoni, giunti a Monterosso via mare, furono fatti salire fino al Santuario passandoli di mano in mano. La volta, nel 1872, fu affrescata dal prete Mentasti con figure rappresentanti i momenti più significativi della storia del Santuario. | ![]() |
![]() | Nella chiesa si trovano anche alcune tele di scuola genovese, nonché un organo Agati del 1834, anch’esso appena restaurato ed utilizzato non solo per la liturgia, ma anche durante la stagione concertistica. |
![]() | Essa risale indubbiamente al XIV secolo ed è di origine sveva. La cosa che più interessa sotto l’aspetto religioso è invece “come” è rappresentata la pietà. Essa non è pietà “addolorata” e “piangente”, rivolta al Cristo morto, secondo la tradizione mediterranea, ma serena e rivolta a chi la guarda, nel gesto di partecipazione alla gioia dell’imminente Resurrezione. Il Cristo, d’altra parte, raffigurato nelle dimensioni del figlio-bambino, ha il capo non reclinato nella morte, ma eretto anch’esso nell’attesa della Resurrezione. |
martedì, ottobre 20, 2009
lunedì, settembre 01, 2008

CHENEIL – BECCA D’ARAN
(Sabato 30 agosto 2008)
Sabato scorso (30 agosto) gita alla Becca d’Aran posta a
Arrivati a Valturnanche la compagnia si divide: Franco e Rossana vanno a fare la ferrata “Gorbeillon”, Erre, Miro e Stefano (suo malgrado) si recano al “Campeggio Don Pietro” per incontrare altri componenti del fantastico Coro del Duomo di Valenza, mentre gli altri effettuato l’escursione alla Becca d’Aran.
Lasciate le auto al parcheggio posto sotto Cheneil, il Segre decide di saggiare la potenza delle nostre gambette facendoci scalare una parete simile al muro di cinta di Fort Knox: “così facciamo prima” (se si arriva vivi), superata questa prima asperità iniziamo a percorre il sentiero verso
Pranziamo al cospetto dell’impareggiabile scenario offerto dal Cervino e dalla Grande Balconata e, dopo aver inutilmente cercato di risolvere gli amletici dubbi che arrovellano il nostro Super Segretario: “perché nel panino “Capri” non c’è il prosciutto?”, iniziamo a scendere verso la graziosissima frazioncina di Cheneil dove di attende, oltre che Cirio Man e Ross, la più buona panna con il frutti di bosco della Valle d’Aosta
Questo è tutto………alla prossima
venerdì, agosto 29, 2008
martedì, agosto 19, 2008
FERRAGOSTO CAIVAL
Il periodo di Ferragosto è tradizionalmente dedicato al riposo, all’ozio ………., insomma “al dolce far niente”: ma, evidentemente, al CAI di Valenza non la pensano così, ed in particolare non la pensa così il nostro Super Segretario (che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo): sta di fatto che il Super Segre, per questo periodo di vacanza, ci ha organizzato una serie di attività, a suo dire, molto “defaticanti”.
Si inizia giovedì 14 agosto con una gita al Parco del Monte Avic (valle di Champorcher): partiamo in 12 (Super Segre, Marco Borghi, Giorgio Manfredi, Stefano, i coniugi Mirone e Miretta, Teresa, Adriana, Gelui, Picci, Giulia ed io) alla volta del bel rifugio Barbustel, raggiunto il quale decidiamo tutti, tranne Stefano che preferisce fermarsi al rifugio, di proseguire verso il Gran Lago; dopo un paio d’ore di cammino arriviamo al lago (Giorgio Manfredi ci informa che si tratta del più grande lago naturale della Valle d’Aosta), il panorama che si gode è veramente bello (purtroppo la giornata non molto limpida non ci permette di apprezzarlo a pieno), dopo le foto di rito il Segre, valutando che la compagnia è abbastanza “defaticata” ci fa ritornare al rifugio dove ci aspettano Stufato ed un piatto di polenta con carne e salsiccia veramente eccezionale; una volta rifocillati ritorniamo tutti contenti ma, soprattutto, molto “defaticati” alle macchine.
Il giorno successivo: venerdì 15 agosto (Ferragosto) il solito Segre ci concede un ottimo pranzo, in compagnia di ancor più ottimi amici, in un noto ristorante sulle colline astigiane, in questa circostanza tutti i partecipanti si fanno onore con le cibarie.
Sabato 16 agosto giornata dedicata alle due ruote: mentre già mi trovo (da solo con il mio velocipede) nelle vicinanze di Mirabello arriva un SMS del Segre che mi chiede se ho voglia di fare un giro (ovviamente defaticante) in bicicletta: pur sapendo che mi toccherà fare
Iniziamo con una “salitella” da Frascondino a San Salvatore, proseguiamo poi scalando tutti i “bricchi” della campagna valenzana fino a giungere alla strada dei “Pisarotti” (il nome è tutto un programma): un muro con una pendenza del 18% degno della Liegi-Bastogne-Liegi, in qualche modo riesco a giungere in cima sperando che Super Segre decida che per oggi basta…….errore: il nostro Eroe, interpretando l’espressione dei miei occhi supplicanti come noia, mi informa che, per completare il “defaticamento”, dobbiamo tornare a casa attraverso un’altra “salitella”: Pietramarazzi/Montecastello.
Finalmente arrivo alla mia dolce casetta dove, per riconoscere i miei figli, devo chiedere la loro carta d’identità.
Domenica 17 agosto: ormai completamente immerso nella sua parte di Personal Trainer, il Segretario ci organizza un’escursione (manco a dirlo defaticante) alla Colma di Mombarone (ultimo colle in territorio Piemontese prima dell’inizio della Valle d’Aosta).
La compagnia è composta da: il Conte Marco della Falamera (in arte Borghi), Omo Deus, Super Segre, Stefano, i soliti coniugi Mirone, Adriana, Dolce Angelina e Nonno Monty, Picci ed il sottoscritto; lasciate le macchine in località Trovinasse iniziamo la salita verso il rifugio Mombarone e di lì alla statua del Redentore che lo sovrasta, terminato il pranzo il Segretario decide di ritornare alle auto attraverso un sentiero diverso da quello dell’andata e che, comunque “è facile e non presenta problemi”.
Fiduciosi che finalmente faremo qualche cosa di veramente defaticante seguiamo la nostra guida: iniziamo quindi a saltellare su e giù per una lunga cresta di roccette in taluni punti un po’ esposta con passaggi non proprio facilissimi, fino ad arrivare ad una baita dove il Segre, sfidando le ire di una muta di cani inferociti, chiede lumi sulla direzione da seguire ai proprietari i quali, per tutta risposta, provvedono a sbarrargli la porta in faccia, in qualche modo imbrocchiamo il sentiero giusto e con nostro grande sollievo, dopo 4 ore di discesa (per l’andata ne avevamo impiegate 2,30) giungiamo in un punto che crediamo sia quello dove abbiamo parcheggiato le auto………immaginatevi il nostro sconforto quando scopriamo che in realtà le macchine si trovano
Poi tutti a casa, finalmente il week-end di defaticamento è finito, grazie Segre !!!!!!!!!!
Questo è tutto………alla prossima
Piacealb
p.s. Oggi ho deciso di affaticarmi un po’ in ufficio
lunedì, luglio 07, 2008
Due giorni all'oratorio (rifugio ) Cuney.
Siamo partiti in 11 , sabato mattina alle 7 ,con tre auto : sulla mia, il sottoscritto, Erre, Angelo ed Elvira;i Mirone con Antoine e Saksmo e sull'ultima Marco, Paola ed Ermes.
Raggiungiamo Praz, una frazione della valpelline verso le 9, la giornata e' bellissima.Si comincia a camminare verso il lago Luseney e il bivacco Reboulaz.
Ad un certo punto,al bivio per il rifugio,il sottoscritto complice un dolorino al tendine d' achille, opta con Erre ed Angelo di raggiungere il rifugio per la via più' breve,ma non la più facile.Si arriva verso le 14al Rifugio ,dove dopo aver preso possesso della camera,ci si dedica, alla visione di un panorama impagabile,reso ancora più' affascinante dalla scoperta di essere circondati da innumerevoli stambecchi e marmotte.
Verso le 17 arrivano gli altri,facce stanche ma felici : bello il bivacco e ritorno sull'alta via n° 1 superando nevai e notevoli dislivelli.Si cena in allegria,numerose le libagioni di barbera d'asti e finale con scopetta all'asso dove i Giovanni ( Sisto e Mirone ) demoliscono gli avversari.
La notte la si supera come sempre dormicchiando ; al mattino ci si sveglia con un tempo pessimo ( come da previsione ):Ermes parte subito, 5.30 alla ricerac di un fantomatico portafoglio che sembrava smarrito al bivacco ,mentre poi ,per fortuna, era rimasto sulla macchina.
Noi alle 7.30 con k-way ,coprizaino , ombrelli partiamo -imprecando il tempo.Il tempo non ci risparmia, lampi, tuoni, e grandine, ma finalmente raggiungiamo le auto ,dove ritroviamo Ermes e il portafoglio.
Si decide quindi per compensare la furia del tempo,di girarla a tavola ,dove ci facciamo onore e siamo fortunati nel trovare una trattoria all'altezza della situazione.Si torna a casa, consci di aver comunque passato due giorni indimenticabili.
Il Super Segre
venerdì, maggio 09, 2008
monte musinè

Si può ben dire che questa modesta cima offre il migliore panorama su Torino e su tutta la sua cintura infatti, la sua posizione relativamente elevata ed isolata, consente di ammirare, soprattutto nelle giornate più terse e ventilate, paesaggi sino oltre la collina torinese verso E, sino al canavese verso NE (bello lo scorcio sul Monte Rosa in questa direzione) e le vaste pianure che si stendono dal pinerolese verso S. Ottimo punto di osservazione sulla bassa val di Susa e sulle vette che la delimitano, a partire da quelle del'alta val Sangone e del gruppo dell'Orsiera-Rocciavrè sul versante meridionale a quelle del versante settentrionale dalla Rocca Sella sino al lontano ma ben delineato Rocciamelone. Piccolo scorcio verso O, in fondo a quello che possiamo vedere della val di Susa, del Gruppo Niblé e d'Ambin. Sotto i nostri piedi verso E è, come già accennato, assolutamente notevole la prospettiva sulla città di Torino.
il Monte Musinè, una delle più misteriose alture d’Italia dove, come nella landa devastata dal celebre racconto di H. P. Lovecraft, “Il colore venuto dal cielo”, nulla attecchisce, nulla riesce a crescere, nulla vive, tranne secchi cespugli invasi dalle vipere.
Molte sono le leggende che aleggiano intorno al monte. La più famosa è quella secondo il quale Erode, il feroce re di Giudea, sarebbe stato condannato ad espiare i suoi crimini, sorvolando per l’eternità la tetra montagna rinchiuso in un carro di fuoco. E per questo non sono rare le notti in cui, lungo i pendii del Musinè, si accendono bagliori improvvisi. C’è chi dice che siano dei banalissimi lampi o fulmini globulari o fuochi fatui. Mentre gli appassionati di UFO hanno attribuito le luci ad astronavi extraterrestri che avrebbero impiantato addirittura una base segreta all’interno della montagna.
Ci sarebbe anche una “grotta incantata” intorno alla quale si aggirerebbero lupi mannari, spettri che svaniscono nel fumo, urlando come anime dannate, sabbia, fuochi “magici” e la presenza di un tesoro sepolto.
Gli studiosi Louis Charpentier e Mario Salomone vedono queste leggende come deformazioni di avvenimenti reali che rivelerebbero le tracce di un’antichissima civiltà il cui nome e la cui cultura si sono persi nella notte dei tempi e che riecheggia motivi propri di molte civiltà del globo.
Secondo un’antica tradizione, ancora viva oggi, la “grotta incantata” sul monte Musinè è costantemente sorvegliata da un drago d’oro. Si narra che un giovane di nome Gualtiero sarebbe riuscito a penetrare nella grotta che, peraltro, era abitata da un mago. Quest’ultimo, vistosi scoperto, sarebbe poi fuggito su un carro di fuoco, facendo ritorno al suo rifugio, di tanto in tanto, per operare qualche incantesimo o magia, giusto per non perdere l’abitudine. Gli abitanti delle località vicine identificano l’astronave “ante litteram” con i globi di fuoco.
Ma il drago e il “carro di fuoco” o, come lo indicano altri, la “sfera infuocata”, sono motivi presenti non solo nelle leggende ed in vecchie fiabe raccontate dagli anziani soprattutto per spaventare i bambini, ma anche nella cultura di altre civiltà. Nella mitologia cinese, ad esempio, si incontrano draghi avvampati di fuoco, oppure in alcune civiltà asiatiche, americane ed africane è il serpente a prendere il posto del drago: alato, piumato o stilizzato, rigido o a volute, simboleggia sempre l’infinito e spesso il volo. Molte volte appare accanto al segno solare. Ciò lo si vede anche sul Musinè dove è inciso vicino ad un sole e sotto una serie di piccole sculture che sembrerebbero un ammasso stellare. Inoltre, a poca distanza del monte, nei pressi di Caprie in Val di Susa, una lama di pietra guarda uno strapiombo di 150 metri, sovrastata da segni solari. La roccia parrebbe proprio un serpente rozzamente scolpito, simile a quello Algajiola in Corsica o in certe altre silitizzazioni dell’arte Maya. E in tutto questo, qualcuno ha notato anche fuochi verdastri fosforescenti che hanno notevolmente acceso la fantasia di molti.In realtà, però, potrebbe trattarsi di sostanze di animali in decomposizione o, dell’accensione spontanea di resine sia vegetali che animali all’interno di incisioni molto particolari a forma di coppa chiamate appunto coppelle. E allora ci si chiede: perché le antiche popolazioni abitanti quei luoghi avrebbero dovuto accendere o avrebbero permesso l’accensione di fuochi spontanei nella notte, in piccole buche, le coppelle appunto, faticosamente scavate nella roccia? Molto probabilmente, per imitare il cielo e le stelle. Infatti, le coppelle sparse sulla roccia indicano un’intera mappa celeste. Qui è presente tutto l’emisfero boreale, dalla Croce del Nord, o Costellazione del Cigno, alle due Orse, da Boote a Cassiopea, dalle Saette al Triangolo, dalla Colomba alla Cintura di Orione, alle enigmatiche Pleiadi. |