mercoledì, gennaio 23, 2008
Razionalità e irrazionalità si mescolano nel racconto di un alpinista che lega il suo destino ad una montagna. La sue parole scavano nell’intimo ma insieme scalano la roccia e la vita. Un appassionante resoconto che offre un indagine intima. L'Annapurna per Jean-Christophe Lafaille fu una vera e propria ossessione: "Mi appare a volte non come un cumulo di ghiaccio e sfasciumi, ma come un'entità quasi umana, una reale "dea dell'abbondanza" che semina la vita, l'abbondanza e la morte". Uno dei più significativi rappresentanti dell'himalaismo recente proprio sulla montagna dei "francesi" ha esordito con la sua carriera alle alte quote. E' il 1992, Lafaille viene chiamato dal più esperto connazionale Pierre Béghin per aprire una via nuova: la direttissima per la parete sud dell'Annapurna. Ma a 7900 metri, nella bufera e durante la ritirata, Béghin precipita e scompare, e il braccio di Lafaille viene spezzato dalla caduta di una pietra. Inizia l'epica discesa verso la salvezza e una lunga sfida personale tra l'uomo e la montagna che lo ha respinto. Torna nel '95 ma si arrende a trecento metri dalla vetta. Poi la spedizione del '97 che si conclude con una sconfitta. Infine, a dieci anni dalla morte di Béghin, Lafaille riesce finalmente ad avere la meglio sulla montagna compiendo una storica impresa con Alberto Inurrategi. La punta viene salita lungo l'interminabile cresta, tutta al di sopra dei 7000 metri, che attraversa le tre cime dell'Annapurna. Questa è soltanto una tra le numerose vicende alpinistiche di Lafaille, il cui spirito avventuroso e fantasioso lo ha portato a cercare le difficoltà più estreme alle quote più alte. Molto nota è la polemica sulla prima invernale dello Shisha Pangma e tragicamente famosa è la sua morte durante il tentativo invernale e solitario al Makalu, ma è solo attraverso le peripezie sull'Annapurna che si possono comprendere i sentimenti, le paure, gli incubi e le gioie di Jean-Christophe. La cifra di Lafaille era il suo stile che privilegiava spedizioni in solitaria e possibilmente d'inverno: tanto puro e coerente, quanto irrazionale e impulsivo il rapporto con l'Annapurna. Jean-Christophe Lafaille “Prigioniero dell'Annapurna” CDA&Vivalda Editori, pp.230, 16 euro
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